Il libro dei ricordi dagli HACK-cessibility Days
Questi (primi?) HACK-cessibility Days, di cui anche la cena al buio faceva parte, si sono conclusi lasciando un vortice di emozioni… ci vorranno alcuni giorni, prima che sedimentino.
Nei due giorni della conferenza non ho avuto modo di fermarmi un attimo per fare un tweet o un post. Ci provo ora, anche se sono successe talmente tante cose, che ci si potrebbe scrivere un libro.
Da organizzatore, non sta a me giudicare se l’evento è stato un successo. Ma dai tanti tweet, retweet, post, e soprattutto parole sentite pronunciare in questi giorni, ho l’impressione che si sia verificato qualcosa di speciale.
E quello che all’apparenza potrebbe sembrare una metrica per decretare un po’ un insuccesso, il fatto che i partecipanti non fossero moltissimi, in realtà ha fatto sì che i legami che si sono creati tra le persone sono stati ancora più forti, facendoci sentire parte di un’unica, grande, famiglia.
Dal libro dei ricordi di questi giorni, ne tiro fuori qualcuno, in ordine sparso.
La musica alla cena al buio
I ragazzi dell’UICI di Ancona hanno organizzato più di una trentina di cene al buio, ma in questa avevamo inserito un nuovo elemento, della musica dal vivo, approfittando della presenza di una persona (il grande Stefano Scala!) disponibile ad animare la serata.
A causa di un problema tecnico non immediatamente risolvibile, però, il volume della musica è stato troppo alto per buona parte della serata.
Ciò ha causato un certo disagio ai partecipanti (me compreso), che già si trovavano a mangiare e dialogare con gli altri in un ristorante reso completamente buio.
Inizialmente questo “problema” ha fatto sì che il mio giudizio sulla cena fosse negativo, soprattutto rispetto alle altre due cena al buio a cui avevo preso parte in passato.
Parlando con altri ragazzi, che invece partecipavano ad una cena al buio per la prima volta, è venuto fuori che pensavano che la musica fosse stata appositamente suonata così alta per creare un senso di disorientamento. Oltre a simulare la situazione di una persona non vedente, tramite il buio, veniva simulato anche un ambiente caotico, in cui orientarsi e comunicare diventava ancora più difficile. Mentre una persona vedente, in una situazione rumorosa, può interpretare altri segnali, come il labiale, in questo caso ciò non era possibile.
A pensarci bene, la negatività del mio giudizio era proprio data dal fatto che durante la serata non si riusciva a comunicare bene con gli altri, quasi neanche con chi ti sedeva accanto. E questo è stato come un “pugno allo stomaco”, una forte sensazione di disagio che alle altre due cene al buio non avevo provato: la sensazione di isolamento. Magari alla cena mi sarò divertito meno, ma riletta in questa chiave, direi che è stata una bella e dura lezione.
Il mio consiglio, per chi ha partecipato ad una sola cena al buio è: provate a ripetere anche altre volte l’esperienza. C’è sempre qualcosa di nuovo da imparare, come è capitato a me. Di tre cene al buio che ho fatto, ognuna è stata diversa.
L’innocenza dei bambini
Tra le varie iniziative della manifestazione, ce n’era una rivolta ai bambini, per spiegargli cosa significa vivere con una disabilità visiva. Ad esempio, gli abbiamo fatto provare ad orientarsi, camminando bendati ed usando il bastone. Oppure a riconoscere i cibi senza usare la vista, dagli odori e dai sapori (evitando rigorosamente il cavolfiore :).
Era la prima volta che facevamo un’attività del genere con dei bambini, ed è stata decisamente un’esperienza affascinante e divertente.
Penso che difficilmente dimenticherò la scena di una bambina che, con tutta l’innocenza della sua età, con un bel “bleah” ha sputacchiato tutto il riso che le avevamo dato da assaggiare 🙂
L’angolo dei Maker
È vero, non abbiamo avuto molti maker nello spazio che avevamo dedicato ad essi e, complice la contemporaneità di altre sessioni, non siamo riusciti a fare tutto ciò che avevamo in mente.
Ma la presenza dei maker che hanno creduto in questo progetto è stata significativa: da Giulio, che ci ha dimostrato come anche un non-vedente può fare bei progettini con un Arduino, ai ragazzi di Dynamo3D, che pur avendo saputo dell’evento solo 4 giorni prima, hanno lavorato giorno e notte per creare con la stampante 3D una mappa stellare in rilievo, con scritte in braille. Passando per i ragazzi di DotNetToscana, che, anche se non sono riusciti a fare il laboratorio com’era nei piani originali, hanno sicuramente destato curiosità sia nei grandi che nei piccoli col loro progetto “See4ME”: Sauro mi ha già detto che spera proprio di avere in futuro la possibilità di seguire con calma il laboratorio, per capire com’è stato realizzato, perciò tenetevi pronti, ragazzi 🙂
L’entusiasmo degli Andrea
Veramente tante persone hanno dato il meglio di se stesse per contribuire a quest’evento.
Ne voglio prendere due come simbolo, ma solo perché citarli tutti sarebbe una lista veramente lunga… l’elenco completo lo terremo per il libro dei ricordi 🙂
Andrea Cionna, presidente dell’UICI di Ancona: sin dal primo giorno che l’ho incontrato per il sopralluogo alle sale del Museo, mi ha fatto percepire l’entusiasmo e la volontà di organizzare insieme l’evento. Entusiasmo che ci siamo ritrovati per tutta la manifestazione, da tutti i ragazzi e i volontari della UICI!
E poi Andrea Saltarello, presidente di UGIdotNET: quando gli parlai per la prima volta della possibilità di organizzare l’evento, mi diede una risposta che mi fece capire che era pure più convinto di me di volerlo fare. E con quella stessa risposta, abbiamo iniziato entrambe le giornate della conferenza, spiegando qual è il motivo per cui ci siamo impegnati ad organizzarla.
E poi vabbè, una menzione speciale va pure per il nostro Sauro Cesaretti… ma lui è oltre ogni classifica!
Il libro dei ricordi
E semmai sarà scritto un libro dei ricordi di queste giornate, qualcuno suggeriva che potrebbe iniziare con una frase venuta fuori durante la cena al buio: “Qui c’è una stella, se mi dai la mano ti ci porto”.
Se non è poesia questa… Stefano Ottaviani